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Desidero condividere alcune riflessioni che mi hanno aiutato, anche di recente, a vivere in modo più costruttivo quelli che ho deciso di chiamare “gli inevitabili inciampi nel cammino di vita”, ovvero l’incontrare difficoltà e sofferenze che sono il naturale risvolto di tante gioie e soddisfazioni che colorano l’esistenza di ognuno.

Immagina una giornata autunnale piovosa. Fa freddo e l’umidità sembra permeare ogni cosa. Tu sei in casa, indossi abiti comodi e hai fra le mani una tazza della tua bevanda calda preferita.

Scruti fuori dalla finestra e vedi il mondo avvolto da una cortina trasparente formata dalla pioggia che cade incessante da ore.

Bevi un sorso della tua bevanda e pensi “che giornata orribile, è così triste questa pioggia che non accenna a smettere da stamattina… speriamo che domani torni un po’ di cielo sereno così anche il mio umore tornerà lieto”.

Nella stanza con te c’è un’altra persona, scruta fuori dalla finestra sorseggiando la sua bevanda e pensa: “questa pioggia sta finalmente dissetando gli alberi e i cespugli che da giorni si stavano inaridendo, guarda le foglie come appaiono lucide e pulite con i colori finalmente tornati vividi… ci voleva proprio una giornata così e che fortuna assistere a questo spettacolo della Natura ma protetto e al caldo nella mia casa”.

Ho scelto questo piccolo esempio per riflettere al fatto che è il nostro modo di percepire le situazioni che determina quello che chiamiamo “realtà”.

I pensieri che formula la nostra mente influenzano le nostre emozioni e le parole che utilizziamo per descrivere ciò che avvertiamo possono costruire scenari completamente diversi e addirittura opposti.

Certo, le ragioni per le quali possiamo essere inclini a vedere gli aspetti negativi piuttosto che quelli positivi possono risalire alle esperienze che abbiamo vissuto e che si sono comodamente installate nel nostro inconscio pronte a riemergere ad ogni sollecitazione sensoriale, in modo del tutto automatico e inconsapevole.

La pioggia ci fa sentire tristi e depressi?
Forse da piccoli era il motivo che ci impediva di scendere in cortile a giocare e divertirci con i gli amici oppure venivamo costretti ad occupare il tempo con attività noiosissime.

La pioggia ci calma e rassicura?
Forse da piccoli nei giorni di pioggia qualcuno che vi amava, i vostri genitori o i nonni, creavano giochi bellissimi che avevano come colonna sonora lo scroscio dell’acqua oppure vi facevano indossare stivali e mantelle e vi portava a giocare sciaguattando ridenti nelle pozzanghere.

Queste percezioni soggettive riguardano anche l’atteggiamento che teniamo verso le sofferenze, grandi (come una malattia) o piccole (come un oggetto che si rompe) che la vita inevitabilmente ci fa affrontare.

Non esiste gioia senza sofferenza, lo sappiamo tutti ma la maggior parte di noi tende a rilevare soprattutto gli ostacoli che incontra nel suo cammino e considerare in misura molto minore tutte le occasioni nelle quali sperimenta emozioni positive e felici.

Inoltre, molto spesso, le sofferenze si accrescono proprio perché non vogliamo semplicemente accettare la realtà delle cose e mettiamo in atto molte strategie per sfuggirle, accusando gli altri dei nostri insuccessi ad esempio, o per compensarle, ad esempio con il cibo.

C’è un bellissimo insegnamento buddhista, noto come Sutra della Freccia, che racconta…

“Buddha disse: “O monaci, l’uomo ordinario quando viene toccato da una sensazione dolorosa soffre, si affligge, si lamenta, piange battendosi il petto, entra in uno stato di grande confusione. Egli sperimenta due tipi di sensazione: una fisica e una mentale.

È come se un uomo fosse colpito da una freccia e subito dopo fosse colpito da un’altra freccia: così, o monaci, egli percepirebbe i dolori di due frecce.(…)

Percependo quella sensazione dolorosa, quell’uomo prova avversione verso di essa.
Provando avversione nei confronti della sensazione dolorosa, in lui la tendenza dell’avversione nei confronti della sensazione dolorosa si accresce.

Toccato da quella sensazione dolorosa quell’uomo cerca gratificazione nei piaceri dei sensi.”

La nostra mente collega alla sofferenza che stiamo affrontando (la prima freccia) una serie di reazioni che vanno dalla paura all’autocritica, dal colpevolizzarsi al sentirsi ingiustamente vittime del destino e tutte queste risposte emotive assorbono una grande quantità delle nostre energie, distogliendoci dalla semplice realtà dei fatti e dalla domanda più importante che è “come posso superare concretamente questa difficoltà”?

La seconda freccia, scrive Thich Nhat Hanh nel libro “Trasformare la sofferenza”, è “la nostra reazione, la storia che ci raccontiamo, l’ansia che proviamo. (…) Una parte dell’arte di soffrire bene consiste nell’imparare a non ingigantire il nostro dolore lasciandoci trascinare da rabbia, paura e disperazione.”

Conoscendo questo processo, ognuno può coltivare una mente consapevole che non si lascia travolgere dagli automatismi ma che è in grado di “vedere” ciò che accade come la “realtà delle cose” ed agire di conseguenza senza ingigantire inutilmente le conseguenze di ciò che è accaduto e che non è più modificabile.

È ancora Thitch Nath Hahn nel libro Together We Are One, al paragrafo “Evitare la seconda freccia” che commenta:

siamo noi a generare molta della sofferenza che proviamo col nostro modo di gestire le nostre difficoltà o il dolore. (…) Quando proviamo dolore o sofferenza occorre che ce ne prendiamo cura con la consapevolezza: se ci lasciamo travolgere da paura, preoccupazione e ansia od odio, è come se fossimo colpiti da una seconda, terza e quarta freccia, il che aumenta molto la nostra sofferenza.

Quando abbiamo qualche dolore o problema, dunque, è importantissimo renderci conto del significato di quel dolore o di quel problema, senza amplificarlo. La paura e la rabbia amplificano il dolore e lo rendono molto più difficile da gestire. (…)

Abbiamo in noi strumenti innati di guarigione: ogni passo che facciamo in consapevolezza, con stabilità e libertà, è un elemento di guarigione. Lasciar andare preoccupazione, paura e rabbia lascia spazio a sentimenti di gioia e aiuta il nostro corpo a sviluppare il proprio potere di auto-guarigione.

La pratica di sedersi a meditare in pace, di camminare in pace, di respirare in consapevolezza contribuisce a portare pace e rilassamento al corpo, e questo potenzia il nostro potere di guarigione: ridà energia al nostro sistema immunitario.

Ogni inspirazione ed espirazione che possa aiutarci a rilassare la tensione del corpo porta gioia nella nostra vita quotidiana ed è un elemento di guarigione. Quando siamo capaci di generare un pensiero di compassione, comprensione e perdono, quello è un elemento di guarigione. (…) Quando sappiamo fare buon uso di questi elementi non abbiamo più tanta paura di ricadere nella malattia o nella depressione.”

Namastè